Relazioni

La perdita: come elaborare il lutto

Lelaborazione del lutto di cui si tratta in questo articolo è collegata alla perdita di una persona cara e all’esperienza del morire. In senso ampio il lutto si può riferire a tutte le esperienze di perdita, dalla separazione dalle persone amate alla perdita di un ruolo sociale,  di una professione, dell’autonomia, dell’immagine corporea….

La perdita di una persona importante lascia un vuoto carico di dolore e sofferenza che in alcuni momenti sembra incolmabile. Tale dolore viene vissuto in maniera del tutto personale, talvolta espresso e talvolta taciuto, comunque sempre presente.

La morte impone un’assenza fisica, un’immediata separazione corporea dall’altro che comporta la perdita dell’equilibrio personale e familiare, la destrutturazione del senso d’identità. La morte oltre ad imporre una separazione dalla persona amata, implica una perdita di una parte di sé, che induce smarrimento e richiede una nuova definizione di se stessi.

L’elaborazione del lutto

Il dolore espresso è un dolore che è stato accettato, quindi accolto, vissuto e investito di significati personali. Quando la persona sente di poter accogliere la propria sofferenza, avviene l’identificazione con il dolore, talvolta con la persona perduta, un dinamismo psichico che accompagna l’essere umano nell’esperienza della depressione la quale si configura come tappa fondamentale del processo di elaborazione del lutto.

C.G. Jung descrive la depressione come una forma di contenimento dell’energia psichica imprigionata e incapace di liberarsi. Secondo Jung, entrare profondamente nello stato di depressione è indispensabile per scoprire i motivi del blocco dell’energia e per capire che cosa viene custodito nel castello della tristezza, al fine di rendere possibile il liberarsi dell’energia trattenuta che è responsabile della manifestazione depressiva. Assumendo tale prospettiva, la depressione riflette l’accoglienza, il pieno vissuto di tristezza per la perdita e la consapevolezza della mancanza, portando in grembo la potenzialità trasformativa della sofferenza e il seme della nuova relazione con il perduto.

Quando il dolore invece è muto, inespresso, parla di una non accoglienza. Intervengono meccanismi inconsci di negazione e rimozione che riflettono le difficoltà connesse all’accettazione della perdita e soprattutto alle sue conseguenze. Il dolore che non trova spazio nell’intimo vissuto individuale si congela, bloccando il percorso di elaborazione del lutto.

La persona in preda al dolore profondo di perdita non solo vive il suo sentimento, ma dimentica momentaneamente di essere stata tante volte serena, tendendo a generalizzare lo stato d’animo in cui si è identificata. L’identificazione con l’impotenza del vissuto di perdita può generare la sensazione di non avere scampo all’eterno dolore, limitando e paralizzando la persona, facendole perdere di vista le proprie risorse e potenzialità trasformative, restringendone lo sguardo alla vita.

Elaborare il lutto comporta dunque l’uscita da questa paralisi, attraversando il dolore con consapevolezza, sperimentando il vissuto depressivo per poi circoscriverlo gradualmente nel tempo. In psicosintesi si parla d’identificazione (intesa qui con il vissuto di perdita) e di disidentificazione, intesa come capacità di osservare a distanza le proprie esperienze psichiche, recuperando la visione d’insieme di se stessi al di là della sofferenza, favorendo un atteggiamento attivo di fronte alla perdita, conservando speranza e fiducia. “Temporalizzare” il lutto permette di ipotizzarne la risoluzione futura; “parzializzare” la perdita aiuta a riconoscerla come una parte e non come il tutto: il messaggio è che il lutto non è né infinito né eterno.

E’ importante sottolineare  che c’è un tempo per l’identificazione e uno per la disidentificazione: una precoce disidentificazione, che non tenga conto del tempo individuale necessario all’identificazione con gli aspetti della perdita e al recupero dell’energia bloccata nel dolore, comporta rischi di scissioni profonde, di rifugio in false disidentificazioni. In tal caso nella persona non c’è traccia di consapevolezza e di partecipazione al vissuto di perdita, ma un freddo distacco o addirittura una negazione patologica della perdita.

Un funzionale processo di elaborazione del lutto porta ad un’inclusione consapevole ed armonica di una ferita nel sé personale, una ferita che può esserci perché vissuta come non mortale. Per riscoprire la parte autentica e vitale di sé è necessario volgere l’attenzione alla propria parte sana, evocandola, alimentandola, rinforzandola. Ritrovando se stessi, sarà possibile trovare anche la volontà di superare il lutto.

R. Assagioli diceva che i problemi non spariscono, ma si dimenticano, nel senso che si ridimensionano e trovano uno spazio adeguato all’interno di una visione più ampia del sé. Questo è ciò che accade nella sana elaborazione del lutto, dove processi di liberazione e trasformazione dell’energia psichica, trattenuta nella depressione, stimolano l’individuo all’evoluzione e alla crescita.

“Se i nostri genitori  e i nostri cari morti in genere ci hanno amato disinteressatamente, cioè non solo perché soddisfacevano i loro bisogni ma anche perché desideravano soddisfare i nostri, saranno morti pensando a noi oltre che a loro stessi e lasciandoci il messaggio che si può continuare ad amare all’infinito nonostante il fatto che non si vive all’infinito, lasciando a chi resta il compito di continuare ad amare senza smettere di amarli” da F. Campione (Il deserto e la speranza).

 

 

 

Autore

Elisabetta Marra

Elisabetta Marra

Psicologa e Psicoterapeuta specializzata in Terapia psicosintetica, si occupa dei disturbi d'ansia, attacchi di panico, disturbi dell'umore, disagio esistenziale, lutto, autostima.

8 Commenti

  • Salve dottoressa, ho da non molto perso una persona a me cara. Ho 55 anni, e mi sembra che la vita davanti a me non abbia più senso. Ne sto cercando uno. Lo cerco, per ora, leggendo articoli sul tema. Il suo mi sembra interessante, ma cosa si intende con “Temporalizzare” e “parzializzare”? come posso fare a stare meglio? la ringrazio. Giulio Capalbi

    • Buonasera Giulio, in questo momento per Lei sembra tutto insormontabile, ma temporalizzare il lutto significa proprio avere fiducia che non si sentirà sempre così, che gradualmente con il passare del tempo inizierà a scorgere una luce, a portarsi un peso man mano più leggero. Parzializzare significa rivolgere il proprio sguardo anche alle altri parti di sé (al di là del dolore) a recuperare una visione d’insieme, a ricontattare le proprie risorse e potenzialità.
      Fa sicuramente bene ad approfondire, a leggere, a venire incontro ai suoi bisogni, alle sue domande ed incertezze. Cerchi di appoggiarsi alle persone che Le vogliono bene.
      E’ difficile dare un senso ad una perdita, quello che possiamo fare è dare un senso a tutto quello che abbiamo condiviso con questa persona, a ritenerci fortunati di tale incontro, a conservare in noi l’amore o l’affetto provato confidando nel fatto che in qualche modo questa persona continueremo a sentirla vicina e che veglierà su di noi.
      Rimango a Sua disposizione, un caro saluto ed abbraccio.
      Dott.ssa Marra

  • Vita e morte non sono due estremi lontani l’uno dall’altro. Sono come due gambe che camminano insieme, ed entrambe ti appartengono. In questo stesso istante stai vivendo e morendo allo stesso tempo. Qualcosa in te muore a ogni istante. Nell’arco di settant’anni la morte arriverà a compimento. In ogni istante continui a morire, e alla fine morirai davvero.

  • ho letto diversi articoli sul lutto. mi è morta una persona cara e la mia testa sta cercando una spiegazione o un modo per superare il dolore, o per lo meno accettarlo. mi colpisce “la psicosintesi” che non conoscevo. mi colpisce il fatto che una disidentificazione troppo precoce potrebbe non fare bene. tutto questo mi rincuora e mi indica la strada: smetterla di combattere il dolore.
    grazie

  • A me è venuto a mancare mio padre cieca 5 anni fa’, sono stato talmente male che non riuscivo a metabolizzare tanto che mi sono chiuso nel vero senso del la parola dentro casa non riuscivo neanche a piangere ero come spento.
    Nell’ arco di 15 giorni ho perso piu di 10 kg non mangiavo perche non riuscivo e come se avevo un blocco.
    Poi una delle mattine successive mi sono svegliato ed è come se ero molto cosciente come risvegliato da lì ho messo in discussione alcuni mesi credi e da lì mi si è aperto un mondo.
    E normale che mi manca e gli voglio un mondo di bene ma da quelle esperienza mi è passata la paura della morte perche sento che è l anima il vero me è non il corpo.
    Grazie

    • Buongiorno, sono Simone, io ho perso mia madre all’improvviso te mesi fa, nel mentre un mese dopo la morte di mia madre mi sono sposato, anche perché era gia tutto definito e non mi son sentito di rimandare.
      Inoltre a settembre diventeró papá e questa cosa, legata al ricordo dell entusiasmo che avevo visto in mia madre, a volte mi dilania.
      Ho perso molti chili in questi tre mesi, mangio, ma non ho molto appetito e a volte faccio fatica a digerire anche mangiando leggero.
      Tutto questo, oltre al dolore per la perdita di mia madre, mi crea ansia e paura, legate al fatto di non godermi a pieno la gravidanza di mia moglie, come invece era prima che mia mamma se ne andasse.
      Sto seguendo incontri con una psicologa, che peró mi ha indicato una strada poco in linea col mio IO (psicofarmaci).
      Desidererei semplicemente un consiglio se possibile.
      Grazie infinite

      • Ciao Simone. Capisco bene la tua sofferenza. La perdita di un genitore rappresenta sempre un’esperienza che porta con se tante emozioni contrastanti di difficile gestione , tra cui spesso il senso di colpa. Unito a questo tu hai vissuto e stai vivendo due dei traguardi più significativi a livello emotivo : un matrimonio e la nascita di un figlio. L’ansia che provi deriva appunto da questa molteplicità emotiva, poco indagata probabilmente , molteplicità che ti pone come su di una altalena che ti fa oscillare tra bassi e alti , tra vuoti e pieni di cui tu sei in balia invece di esserne l’artefice. Essendo già seguito da un terapeuta immagino tu stia già lavorando sull’accettazione e l’elaborazione del tuo lutto e soprattutto sul senso di colpa . Magari hai bisogno di più tempo per vedere i risultati . Però quello che mi sento di dirti e’’ che l’obiettivo da raggiungere sarà l’autorizzazione alla felicità. Tu ti meriti di essere ancora felice nella tua vita! Di goderti la tua famiglia e il tuo bambino in arrivo proprio perché tu puoi farlo … anche per la tua mamma…. che avrebbe voluto essere lì con te per condividere le tue gioie. Vivi per lei questa felicità ; attraverso di te anche lei vivrà quello che solo apparentemente non può vivere. La tua felicità risarcira’ in qualche modo la sua assenza perché l’Amore come sentimento universale ha il potere di colmare ogni vuoto. Per quanto riguarda gli psicofarmaci e’ difficile per me non conoscendoti capire se realmente ne avresti bisogno in questo preciso momento . Comunque anche la terapia e’ una scelta ….. puoi sicuramente scegliere di porre un dubbio rispetto a quella proposta terapeutica. Rifletti su quale sia davvero la cosa migliore per te . Spero di esserti stata di aiuto . Se avrai bisogno non esitare a contattarmi .un caro saluto . Dott.ssa Gaia spagnoli

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