Malessere Psicologia

Che relazione abbiamo con la sofferenza?

Statua, sofferenza e come reagire al disagio, doloreA noi esseri umani non piace soffrire, quindi resistiamo al dolore, lo rifiutiamo senza rendercene conto. Quello che accade è che di fronte alla realtà della sofferenza, così sorprendente e così drammatica, spesso così intensa, la maggior parte delle persone adotta una gamma di reazioni inconsce, quindi automatiche, che poi nel tempo tendono a strutturarsi in subpersonalità, neuro-personalità, in modi di essere. Queste strutture interne tendono con il tempo a irrigidirsi e a ripetersi regolarmente in schemi automatici.

Reazioni alla sofferenza

Vediamo quali sono le più comuni reazioni alla sofferenza:

  • Si evita a tutti i costi: la si respinge, la si ignora facendola diventare un tabù
  • Ci si vanta del proprio dolore in modo più o meno velato: diventa un malcelato compiacimento nella propria sofferenza quasi a voler nutrire il proprio ego
  • Ci si ribella alla sofferenza: diventa un rifiuto del dolore, opponendosi a questa realtà. Questo non fa che accrescere il dolore stesso. “Ma Dio perché proprio a me!!!”
  • Ci si rassegna al dolore: si è convinti che il mondo sia crudele, che la vita è brutta e che bisogna rassegnarsi a vivere così. Con il tempo non si è più in grado di apprezzare la vita
  • Si nega la realtà della sofferenza: anche se accadono situazioni drammatiche intorno, si fa finta di nulla, come se andasse sempre tutto bene. Questo atteggiamento non è autentico, anzi richiede un utilizzo di energie psichiche molto elevato. Si mostra soltanto una corazza, la maschera del “Va tutto bene!”
  • Ci si anestetizza alla sofferenza: non si vogliono più sentire le emozioni, non si vuole più sentire nulla e si muore psicologicamente

Opporsi alla sofferenza crea sofferenza

Ciò che crea maggiore sofferenza non è la sofferenza di per sé. Quello che crea vera sofferenza è l’opporsi alla sofferenza. Non ci si può opporre a qualcosa che esiste. Questa cosa è di una semplicità estrema ma cambia la vita di ognuno di noi se la rendiamo realmente una condizione, uno stato d’essere.

Il fastidio per il caldo, il rifiuto di sofferenza e dolorePer cui l’avversione è la chiave da cui partire. Facciamo un esempio semplice: è una giornata di grande caldo, come quelle che ogni tanto abbiamo in estate. Qual’é l’atteggiamento che noto quasi in tutte le persone? “Madonna che caldo! Che caldo! Madonna che caldo!”. Un totale fastidio per il caldo. Quel caldo dà fastidio sicuramente, soprattutto per le persone che non lo reggono.

Attenzione! Adesso entriamo nel nocciolo della questione:

l’entrare nel perdere se stessi e identificarsi con quel rifiuto del calore che esiste produce un effetto del calore più sofferente del calore che esiste già di per sè.

Proviamo invece ad aprirci ad una nuova prospettiva: fa molto caldo, sto nel caldo, esiste, c’è.

Perché lamentarsi del caldo? Perché entrare in una condizione che non modifica nulla ma che accresce la sofferenza di quel calore?

E’ un esempio molto banale questo, ma si può lavorare su una cosa del genere e includerla in tanti gli aspetti della nostra vita: “Ho un prurito”, “Ho un dolorino”, “Ho un problema”. Non passa il dolorino se mi arrabbio, quello che succede se io mi arrabbio è che io non sono più io, non ci sono più, sono quel dolorino, quel prurito, quel fastidio. Realmente non ci sono più. Mi perdo in quel fastidio, in quel problema.

E allora si possono usare queste cose per ampliare la nostra consapevolezza, lasciando esistere quello che c’è, anche quel dolorino o quel fastidio o quel problema. La mente in quel momento comincia ad ingranare delle cose, magari di rifiuto, di impazienza, di preoccupazione. Ci si apre allora a quel fastidio che non vuol dire: “Che bello! Ho un fastidio! Sono contento!”, ma semplicemente: “Ho un fastidio”. E allora lo lascio esistere. Entro nella consapevolezza di me, che significa: mi riporto alla sensazione/percezione di me, cioè non mi dimentico di me, ci sono. È una cosa molto concreta, molto reale, esploro il mio fastidio senza perdere il contatto con me stesso. Ed è lì che lascio che quel fastidio possa esprimersi e sciogliersi, non prendendo il sopravvento su di me. Questa è la vera trasformazione.

Accetto o non accetto quella cosa che si sta manifestando in me, così come quell’emozione che fa paura? Se accetto, posso esplorare anche quell’emozione che sta emergendo, qualsiasi tipo di emozione. Possiamo usare ogni momento della vita per praticare la piena consapevolezza, la piena presenza, anche semplicemente camminando.

Farfalle, simbolo della trasformazione della sofferenza, consapevolezzaTrasformare la sofferenza

Per cui, anziché resistere alla sofferenza, combatterla, o reprimerla, ci si può lasciar andare ad essa, così, nella sua nudità. Lasciarsi andare al dolore così com’è, senza barriere, senza riserve, senza ragionamenti, senza interpretazioni. Allora paradossalmente il dolore cambia perché non c’è più il dolore dell’avversione, della lotta, della resistenza, del rifiuto.

Nella psicosintesi si cerca di utilizzare il dolore, la sofferenza, per trasformarli in situazioni creative in cui possiamo comprendere meglio noi stessi ed evocare nuove risorse, che sono già dentro di noi in potenziale. In certe occasioni la sofferenza può essere quindi trasformata in un apprendimento in cui vengono evocate risorse mai utilizzate prima perché silenti, inespresse.

Perché se non è possibile eliminare il dolore lo si può per lo meno affrontare con intelligenza, sviluppando la capacità di cambiare il modo di vedere una situazione e di conseguenza, allargando la propria coscienza/consapevolezza. Epiteto lo spiega molto chiaramente attraverso questo aforisma:

“Noi non siamo turbati dalle cose,

ma dall’opinione che abbiamo delle cose”.

Questa è una distinzione importantissima. Le cose sono quelle che sono, e cambiarle, delle volte, non è in nostro potere. I problemi capitano indipendentemente dal nostro volere. Noi possiamo però cambiare la nostra opinione e quindi il nostro atteggiamento nei loro confronti. E’ qui che risiede il nostro potere.

Autore

Cristiana Milla

Cristiana Milla

Psicologa, psicoterapeuta. Esperta in disturbi d'ansia, disturbi alimentari, difficoltà sessuali, dipendenze affettive, supporto alla genitorialità e alla famiglia. Collabora con l'Istituto di Psicosintesi di Roma.

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