LA TECNICA DELL’ACCETTAZIONE
Molti di noi quando sentono pronunciare la parola “accettazione” hanno una spontanea reazione di perplessità, di disagio o addirittura di ribellione, forse perché sono abituati a darle il significato di rassegnazione passiva, di rinuncia, di debolezza.
Non è così, in realtà, che deve essere interpretata la vera accettazione. Non è debolezza, non è passività, non è una resa. È un atteggiamento interiore altamente dinamico e creativo. È una completa adesione alla vita, agli eventi. È una fiducia totale in ciò che sta nascosto dietro alle apparenze, nel significato profondo e benefico di tutto ciò che accade sia nel mondo, sia in noi stessi.
Per questo la Psicosintesi ne ha fatto una tecnica di autoformazione e di crescita interiore.
L’accettazione è simile all’atteggiamento che prendono i giapponesi nella lotta chiamata “ju-jitsu”, che consiste in un apparente arrendersi all’avversario che assale, ma in modo da impedire che ci colpisca, e nello stesso tempo fargli cambiare direzione premendo da dietro, invece di cercare di resistere di fronte.
Così di fronte agli eventi difficili della vita occorre avere questa tecnica di apparente resa, di rilassamento interiore, che ci consente di “accogliere”, di “prendere confidenza” con ciò che accade per capirne il significato, per trasformarlo, senza opporsi direttamente.
Narra un’antica storia di autore ignoto:
“Ad un vecchio signore venne chiesto come riuscisse a restare sempre sereno malgrado tutti i guai che aveva. Il signore rispose: “Ho imparato a collaborare con l’inevitabile”
Opporre resistenza o sterile ribellione a qualcosa di ineluttabile non è che un inutile sperpero di energie, una perdita di tempo, e un aumentare lo stato di sofferenza. Collaborare invece con 1’inevitabile, vuol dire assumere un atteggiamento positivo, creativo di fronte a una difficoltà, a una situazione dolorosa, e cioè trasformarla in un mezzo di crescita interiore, di sviluppo di nuove facoltà, di risveglio della coscienza.
Tecnicamente l’accettazione presuppone una condizione di rilassamento e di calma interiore preliminare, durante la quale si cerca di “entrare” nel cuore dell’evento che ci viene incontro, per capirlo, per assimilarne il significato, per accoglierlo come un amico. anche se è doloroso, perché vuole insegnarci qualcosa.
La seconda fase dell’accettazione è creativa, dinamica, in quanto fa sprigionare dal profondo di noi stessi l’energia, la qualità adatta a trasformare l’esperienza che stiamo attraversando, in un momento della nostra vita carico di significato e di insegnamenti.
Forse uno degli aspetti più difficili dell’accettazione è quello che si riferisce all’accettare noi stessi.
Eppure se accettiamo la vita nella sua totalità, non possiamo non accettare noi stessi che facciamo parte di questa vita.
Accade invece spesso che in maniera inavvertita molti di noi si trovino ad entrare in uno stato di conflitto, di tensione, di non-accettazione di se stessi, perché vorrebbero adeguarsi ad un’immagine non autentica, ad un io idealizzato, invece di utilizzare le facoltà, le energie e le possibilità che fanno parte della loro natura.
Si sentono in colpa continuamente perché non riescono ad essere come vorrebbero, e si dividono dalla parte autentica del loro essere che temono e disprezzano.
Accettare se stessi invece vuol dire riconoscere che tutti gli impulsi, tutte le tendenze, anche quelle apparentemente negative, sono energie, che fanno parte della nostra natura e che non sono “cattive” in se stesse, ma solo male indirizzate.
Proprio il nostro ostacolo più radicato, il nostro difetto più grande, quello che costituisce “il punto nero”, per così dire, della nostra natura, forse è il seme di una facoltà superiore incapsulata, prigioniera, capovolta, e nasconde una futura luminosa opportunità, se noi sappiamo comprenderlo, liberarlo, incanalarlo, sublimarlo e utilizzarlo per il bene.
“Non vi è nulla nell’uomo, nessuna sostanza, nessuna facoltà, nessuna potenza che sia cattiva in se stessa… Analizzate l’Anima del più grande santo e del più grande peccatore, e non troverete in questo un solo elemento che non sia in quello. Considerate l’anima di Maddalena e di Agostino, prima e dopo la loro conversione. In nessuno dei due manca, dopo la conversione, nulla di ciò che vi era prima… Non perdettero nulla, non distrussero nulla, ché anzi giunsero con la loro conversione al pieno possesso di tutte le loro facoltà.”. (B.W. Maturin: Della conoscenza e del governo di sé, pagg. 79-80).
Queste parole vogliono dire che nell’uomo non vi è nulla di malvagio, vi è solo a volte un atteggiamento errato, uno stato di incoscienza, che lo fa identificare con il lato irreale e illusorio della vita, e che lo spinge ad usare male le sue energie e facoltà.
Dobbiamo quindi accettare noi stessi totalmente, anche per quello che non ci piace, e che temiamo, e questo vuol dire comprenderci e amarci, nel più alto senso della parola.
Accettazione totale della vita e di se stessi vuol dire dunque assumere un atteggiamento positivo, creativo e dinamico che ci porterà gradatamente ad uno stato di libertà interiore e di gioiosa consapevolezza, sintomi dello sprigionarsi della nostra vera natura che è il Sé.
di Angela Maria La Sala Batà. Tratto dal “Quaderno di Psicosintesi” del Centro di Roma, n° 7, dicembre 1977
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