Psicologia

Felicità come scelta di vita

bivio

La felicità può essere una scelta di vita?

Ecco una breve intervista alla mia collega dott.ssa Alice Carubbi sul tema della felicità.

Frittelle di fiori d’acacia

Alessandro: qualche giorno fa mi hai parlato di come l’osservazione del giardino renda per te più semplice la comprensione dei grandi dilemmi umani. A cosa ti riferivi in particolare?

Alice – Ti faccio un esempio; il mese scorso ti ho fatto assaggiare delle buonissime frittelle di fiori di acacia e poi di sambuco e ciò mi ha ricordato la gran quantità di bomboloni unti e pieni di zucchero che ho mangiato da bambina e poi quella crusca così asciutta che ingerivo da adolescente per bilanciare gli errori alimentari dell’infanzia.

E da questa contrapposizione tra cibi poveri ma sani e cibi raffinatissimi ma micidiali ne è nata una metafora su cosa per me significhi essere felice.

Felicità: dove abiti?

Ritengo che il concetto di felicità sia uno dei temi esistenziali più interessanti e difficili da trattare.

Ognuno di noi, se interpellato, darà la propria definizione di felicità, che potrà cambiare anche con il passare degli anni.

Che si definisca come essere amati, possedere ricchezze, salute, serenità, libertà, la felicità si configura in genere come il possesso di ciò di cui siamo mancanti.

Eppure molte persone riconoscono di non mancare di nulla, ma confessano di non sentirsi felici.

E molto spesso chi cerca di essere felice inseguendo ciò di cui è mancante finisce per sentirsi come il cercatore dell’oro in fondo all’arcobaleno.. frustrato perché il tesoro si sposta sempre.. un po’ più in là.

Felicità, gioia ed evoluzione

E questa natura sfuggevole della felicità è anche una cosa positiva, poiché ci spinge a migliorarci, a non accontentarci, e crea, genera in continuazione cose nuove.

Ma può diventare un’ossessione, una compulsione, e allora va fermata, e capita.

La mia definizione personale di felicità è la capacità di “surfare” sopra le complicazioni.

Diviene una abilità, un’arte, che può essere imparata, scelta e coltivata.

Alessandro – puoi farci un esempio?

Alice – sì certo, con una storiella: una signora sovrappeso e diabetica va dal medico che le dice di non mangiare più bomboloni ma di concentrasi su una dieta ricca di cereali integrali.

La signora esclama: “dottore, che tristezza!”. Questa donna si trova davanti ad un bivio, che ha a che fare con la sua definizione di felicità: divorare ciò che la rende felice (per 10 secondi) o conservare la salute?

A volte, saper scegliere significa non solo rinunciare, bensì anche rimettere a fuoco le possibilità, individuandone alcune finora non considerate.

Ed ecco che parlandone in questi termini, a felicità si configura come l’esito di un atto di volontà ma anche di elasticità mentale .

A volte la terza scelta è quella giusta!

La signora dell’esempio potrebbe trovare la frittella di acacia un’esperienza più gratificante della crusca, aiutandola ad allontanarsi dal bombolone killer!

Così come c’è la possibilità che imparando a prendersi cura del proprio giardino interiore, per stare dentro la metafora naturalistica, la signora possa imparare anche a trarre nutrimento e benessere da ciò che vi cresce spontaneamente, dalle proprie caratteristiche insomma, limiti compresi.. magari liberandosi pure dai grovigli di certe relazioni soffocanti come rovi sulla siepe..

Questo è ciò che si fa in un giardino. Questo è ciò che si fa in terapia. Vedi come sono affini questi due mondi?

E chi proprio non ce la fa?

Alessandro – Questa visione è affascinante ma potrebbe apparire un po’ semplicistica, non trovi?

Alice – Hai perfettamente ragione, lo è! Molte persone definiscono importanti obiettivi nella propria vita e sanno quali sono gli atti di volontà necessari per migliorarla, ma non riescono a sostenerne il compimento.

E’ chiaro che siamo davanti ad un conflitto, che qualcosa impedisce il corretto fluire degli eventi, ed è per questo che le persone si rivolgono a noi chiedendoci aiuto e sostegno.

Ho semplificato perché mi hai chiesto di spiegarti come l’osservazione della Natura mi aiuta a comprendere l’universo psicologico umano, quale correlazione vi sia tra questi due mondi.

Ti ho parlato di frittelle di fiori selvatici, e apparentemente non c’entrano molto con la psicologia umana.

Ma vedi, esistono due nessi, uno legato alla mia storia personale, che riguarda solo me, e se tu intervistassi un’altra persona non potrebbe riferirtelo allo stesso modo, e uno che definirei universale e ha a che fare con l’ozio e la possibilità di lasciare che il proprio pensiero entri in uno spazio di gioco.

Il giardino è il più grande cervello ozioso esistente: le cose semplicemente accadono, l’erba cresce, si secca, rispunta; ed il nostro cervello può abbandonarsi più facilmente all’ozio se immerso in un ambiente ozioso come può esserlo un giardino privato o un parco pubblico nei quali sia possibile perdersi.

La natura offre pretesti meravigliosi per chi è alla ricerca di significato o per chi cerca di esprimerlo.

Potersi concedere un tempo apparentemente vuoto, uno spazio transizionale, come lo definiva Winnicott, di pensiero che vaga e incontra e crea nessi è oggi sempre più un lusso per adulti e bambini.

Eppure sta alla base della creatività, e io credo, della felicità!

Autore

Alessandro Gambugiati

Alessandro Gambugiati

Alessandro Gambugiati lavora come psicologo psicoterapeuta specialista in Psicosintesi Terapeutica. Si occupa di disagio psicologico, a partire dai casi di più grave compromissione del funzionamento affettivo e cognitivo. Svolge anche il ruolo di docente.

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